Dal percorso istituzionale alla rivoluzione integrale

Enric Duran post home

Il contesto politico attuale a scala internazionale ci consente di constatare, con meridiana chiarezza, i limiti di muro di ferro del tanto preteso cambiamento sociale condotto attraverso la via istituzionale.
 
Da una parte, le esperienze politiche delle nuove forze di sinistra nell’America latina hanno dimostrato di avere scarso impatto nella vita politica reale nei diversi paesi dove hanno avuto la possibilita’ di governare e, soprattuto, hanno trovato una grossa difficolta’ per sostenere processi a lunga scadenza, data la loro dipendenza dai processi elettorali, dove i lobbies e i mezzi corporativi privati portano avanti le risapute loro strategie, con metodi di ogni genere, meno quello del fairplay, per buttare giu’ governi: guardiamo, senza andare troppo lontano, cio’ che e’ accaduto nel Brasile poche settimane fa.
D’altra parte il percorso del governo di Grecia in quest’ultimo anno e’ un capo lavoro per imparare come conquistare il governo non e’ ancora prendere il potere – caso commentato piu’ ampiamente in quest’articolo – /it/ne-dentro-ne-fuori-verso-una-comunita-socioeconomica-dei-popoli-delleuropa/
 
D’altro canto, l’accaduto nello Stato Spagnolo, dove ripetere le elezioni non e’ servito per andare un passo piu’ in la’ della dimostrazione che “le maggioranze chiare nelle strade e nelle reti sociali non servono per creare maggioranze parlamentarie”.
La’ il movimento 15M riusci’, nel giro di 30 giorni, a mettere sotto sopra l’immaginario politico in piedi da piu’ generazioni, ma la sua pretensa politica non e’ stata capace, in piu’ di due anni, di essere decisiva, nemmeno tentando di mettere in piedi un programma per realizzare politiche istituzionali di tipo socialdemocratico.
 
Nello stesso paese, il primo anno di andamento nelle chiamate citta’ del cambiamento abbiamo visto come, sebbene il discorso e lo stile hanno potuto migliorare in modo significativo, nelle decisioni chiave, la dipendenza dal sistema capitalista e dalle ierarchie statali, non hanno reso possibile, per esempio, nenmeno assumere misure anche soltanto umanitarie, cogli sfrattati o accogliere i rifugiati. Non parliamo gia’ di misure strutturali. 
Come contropartita a queste riforme pirriche, un’intera generazione di attivisti sperimentati e riconosciuti nelle strade, si sono trovati immersi in mezzo ad una dinamica istituzionale che castra la loro capacita’ di rottura disubbidiente. 
E cosi’, questa realta’ e’ ancora molto lontana dalla proposta del municipalismo libertario di Bookchin, che sosteneva che, una volta giunti al governo municipale, ne proponeva la dissoluzione e chiamare ad un’assemblea popolare. In sua vece, i cosi chiamati eredi del  15M, quando giungono ai municipi, stanno gia’ sacrificando il loro impegno disobbediente per incastrarsi entro la burocrazia e le ierarchie delle istituzioni del governo, un sistema legato e ben legato. 
 
Per il contrario, dopo aver lasciato alle spalle il 15M, la capacita’ di azione di un movimento disobbediente massivo non si e’ consolidato abbastanza, sebbene l’impatto delle occupazioni della PAH nello stato spagnolo, ad esempio, e’ una mostra buona di cio’ che si puo’ realizzare.
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In questo senso lancio due domande strategiche che lascio in sospeso.
 
La  prima: ‘Che cosa é piu’ facile da ottenere?, che piu’ del 50% della popolazione voti ai partiti che mettono in questione, tramite i loro programmi -non realizzati- l’ordine stabilito oppure  che il 5%, che e’ saputo che mette in questione radicalmente e di fatto quest’ordine, si organizzi in modo autonomo e disobbediente, mostrando nella pratica come puo’ essere l’altro mondo che ci portimo dentro?
 
La  seconda: ¿In quale modo e’ piu’ possibile riuscire ad ottenere potere reale per trasformare le cose: cercando di riformare l’economia, a mezzo di governi che non hanno il potere bancario ne’ di emissione monetaria, che il trattato di Lisbona regaló al BCE, o cercando invece di costruire un’economia altra, con nuove sovranita’, sia bancarie che monetarie?
 
Aggiungendo altre prospettive, possiamo osservare come in luoghi diversi del mondo certi processi di base, che poggino sulla costruzione paulatina e dal basso, di autonomia democratica, come i Zapatisti in Chiapas, o i Kurdi nello Rojava e Bakur, continuano a svilupparsi con solidita’ e forza, malgrado a doversi scontrare con degli Stati che sono contro e facendo uso di forte violenza contro di loro ano dopo anno.
 
Significativo e’ il fatto che, mentre i processi di cambiamento radicale piu’ ispiratori degli ultimi decenni hanno in comune che vengono mossi dal basso, ai margini dello Stato, nell’Europa invece, milioni di anticapitalisti preferiscono sbattersi la testa una volta dopo l’altra contro il sistema parlamentario statale, senza ottenere cio’ che pretendono e rinunciando a una parte sostanziale del loro discorso e valori lungo la strada, anziche’ priorizzare la necessita’ di contribuire all’espansione delle iniziative autogestionarie, le quali, con forza reale, sebbene lontano ancora di tutta quella potenziale che si potrebbe raccogliere se si potessi contare su tutti questi appoggi, proseguono comunque portando avanti la transizione dal basso verso quell’altra societa’.
 
A livello dell’intero pianeta, se questo secolo comincio’ con movimenti di resistenza al sistema della globalizzazione neoliberale, ed e’ poi continuato coi fori sociali che costatavano che un’altro mondo e’ possibile, adesso, nel secondo decennio del secolo XXI, e’ giunta l’era della costruzione di questi altri mondi.
 
Persino in Europa, quelle iniziative autogestite che si oppongono agli Stati esistenti, non solo non sono venute meno, con tanta di quella egemonia parlamentarista negli ultimi anni, ma anzi continuano andando avanti e mettendo a fuoco nuove sfide.
 
Cosi’, ad esempio, la Cooperativa integrale Catalana, la quale e’ una realta’ con un livello di consolidamento significativo ormai, dopo 6 anni con piu’ di 700 progetti e diverse migliaia di partecipanti. Altre cooperative integrali e progetti affini si stanno spandendo, specialmente verso le regioni del sud dell’Europa. Dilagano pure certi movimenti, come l’agraicoltura appoggiata dalla comunita’, le aziende riscattate dai lavoratori e le esperienze di economia comunale, che costituiscono pratiche nelle quali la reciprocita’ e il dono prevalgono sul mercato.
Queste realta’ pre-figurative, sebbene ancora incipienti, diventano piu’ forti attraverso il lavoro in rete e rendendo trasversali le loro intercollaborazioni a livello locale.
 
Sono migliaia le pratiche di monete sociali, i gruppi di consumo, centri sociali autogestiti, le scuole libere e autonome, gruppi di solidarita’ coi rifugiati -con o senza documenti-, che sfidano il modello capitalista ed il ruolo predominante della legalita’ statale; essendo tutto cio’ una reserva viva per l’espansione di un movimento che rompe con lo stabilito, disubbidiente con gli Stati, per costruire una nuova sovranita’ collettiva con base nell’auto-determinazione e l’auto-organizzazione di piu’ comunita’ di esseri umani liberi.
 
Per potenziare gli spazi internazionali di collaborazione (o per essere piu’ precisi, inter-autonomi ed inter-comunali) e’ stato creato FairCoop, unecosistema globale y multilocal, il quale contribuisce a spingere il processo di costruzione di un’altra economia per la societa’, condividendo principi di rivoluzione integrale, quali sono: la partecipazione aperta e assembleare, il non riconoscimento degli Stati come soggetti legittimi, e percio’ la disobbedienza integrale allo scopo di poter alimentare la costruzione di forme alternative di convivenza e di autogoverno.
 
Faircoop ricupera i principi della rivoluzione integrale, come processo di transizione radicale ai margini del sistema attuale, in tutti gli ambiti della vita, e costruisce in coerenza coi medesimi un ecosistema di progetti, risorse e strumenti che visano l’obiettivo di facilitare processi di rivoluzione integrale in qualsiasi parte del mondo, vale a dire, si tratta di processi di costruzione dell’autogestione e l’autonomia democratica a tutti i livelli, locale, regionale e globale.
 
Tra questi si trova Faircoin, una moneta sociale p2p che cerca di finanziare questi processi autogestiti, e interconettere a qualsiasi livello iniziative di un’altra economia (muovendo dall’economia solidaria a quella comunale), rafforzando il lavoro gia’ fatto da i movimenti che, consuetamente e a scala locale, adoperano e promuovono le monete sociali. Faircoin  pretende inoltre aggiornare quelle tecnologie che adoperano quei sistemi monetari alternativi, rendendoli cosi’ piu’ forti e resistenti a ipotetici attacchi istituzionali. (Se vuoi leggere piu’ in dettaglio su questo, puoi consultare il complemento annesso su Faircoin 2 qua sotto).
 
E’ tempo di fare realta’ la congettura di Mucha gente pequeña, en lugares pequeños, haciendo cosas pequeñas, puede cambiar el mundo” (“Tanta piccola gente, in luoghi piccoli, facendo delle piccole cose, puo’ cambiare il mondo”). E applicarla pure a delle cose piu’ grandi, come ad esempio, generare utensili per l’articolazione di tutte queste piccole cose e applicare metodologie che si sono dimostrate riuscite nel rispettare la diversita’ di tutti i partecipanti, come il confederalismo democratico, che essendo una forma di organizzazione politica antica in luoghi come la pennisola iberica, adesso la stanno rendendo popolare i kurdi.
 
Dopo tanti sforzi dedicati alla via istituzionale, che ne dite di dare uno spintone, forte per bene, alla via autogestionaria?
Sapete una cosa? Rispondere di sí e‘ molto piu’ di un voto, e’ affermare che vuoi fare della tua vita un esempio del mondo che ti porti dentro, vale a dire, congiungere teoria e pratica.   Rispondere di sí significa entrare in una dimensione nella quale non dipendiamo piu’ dal fatto che loro siano piu’ numerosi di noi per avere successo; tanto se siamo qualche migliaia soltanto come se potessimo arrivare ad essere milioni, dipendiamo da noi stessi e da fin dove siamo disposti ad arrivare per fare realta’ i nostri sogni. Vuoi provarci?
 
Annesso Faircoin 2
 
In questo postdata vogliamo inoltrarci piu’ nel dettaglio nel livello tecnologico, senza creare una barriera di accesso alla parte principale dell’articolo. L’invenzione del  blockchain, e le sue conseguenze per le iniziative monetarie e i sistemi contrattuali, sta portando rapidamente ad uno scenario nel quale la centralizzazione di Stati, Corti di giustizia e le Banche centrali cessa di essere necessaria, per generare un sistema economico, politico e giuridico autonomo.
Il blockchain o catena di blocchi consente di contabilizzare operazioni economiche in modo incorruttibile, in modo non manipolabile, grazie alla combinazione dell’encriptazione e la decentralizzazione in centinaia di computers che hanno a disposizione la stessa informazione su tutto il sistema.  
 
Anche cosi’, il nuovo capitalismo tecnologico non risparmia sforzi per investire in tutto quanto e’ in rapporto col blockchain, cercando d’intgrerlo prima possibile nella strategia di rinnovamento dei sistemi organizzativi delle banche e le aziende; convertendo la maggior parte delle iniziative basate nella catena di blocchi in un avanposto del nuovo capitalismo di rete che tanto piace agli anarco-capitalisti di silicon valley.
 
Per questo capitalismo di spicco non sembra importante che, nel caso del bitcoin, il consumo energetico e la corsa industriale all’aconiazione sia andata alle stelle perche’ cio’ reca benefici agli investitori (poco importa loro, sembra, se cio’ rechi danno al pianeta) o che la distribuzione delle nuove monete rechi profitto ancora a coloro che ne hanno di piu’…
 
A noi invece c’importa e molto. Por cio’, affinche’ il  blockchain, e le tecnologíe associate,   possano essere strumenti veramente per il bene comune, e’ motivo sufficente per cui FairCoop sta lavorando nel Faircoin 2.  Un blockchain cooperativo e distribuito, che permettera’ adattare questa tecnologia ai valori dei movimenti sociali, affini ai valori dei commons, dell’economia solidale, collaborativa e comunale….
 
Dato che Faircoin non conta su élites economiche che investono, perche’ prima e’ il bene comune anziche’ il beneficio privato, c’e bisogno che, partendo dalla gente che si trova dal lato del 99%, sia capita l’importanza di sviluppi di questo genere per il cambiamento sociale e partecipiamo in modo collabortivo nel renderle possibili. E’ per questa ragione che fino al 7 luglio rimane attiva la campagna di crowdfunding in favore di Faircoin 2.
Se vuoi collaborare nel proposito che le innovazioni, che Faircoin reca al mondo come bene comune, possano aprirsi strada in avanti, allo stesso tempo che rimangono nella gente con valori cooperativi e solidali, come i tuoi, adesso lo puoi fare e al tempo stesso ottenere i tuoi primi Faircoins.  
Ottieni informazione piu’ dettagliata in questo collegamento:  https://coopfunding.net/en/campaigns/faircoin-2-crowdinvestment/
 

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